“Romani, concittadini, amici! Uditemi parlare per la mia causa. E fate silenzio, per poter udire; credetemi sul mio onore, e abbiate rispetto per questo mio onore, perché possiate credermi; giudicatemi nella vostra saggezza, e destate il vostro buon senso per poter essere migliori giudici.”
“Amici, Romani, cittadini, datemi ascolto; io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo. Il male che gli uomini fanno, sopravvive loro: il bene è spesso sepolto con le loro ossa; e così sia per Cesare.”
E: Giulio Cesare, Atto III Scena II. La prima voce è quella del tribuno, Bruto, figlioccio di Giulio Cesare, mentre la seconda è quella di Marco Antonio e siamo quindi nel foro romano nel 44 a.C.
D: Che inizio solenne! Chi ti credi di essere? Alberto Angela? Cerchiamo di ritornare ai giorni nostri… io sono Dario Turrini, non sono nel foro Romano ma negli studi di registrazione della Radio dell’Università di Genova,
E: Ok ok, io sono Elisabetta Delponte,... e state ascoltando Parola di Shakespeare: comunicazione efficace per il mondo del lavoro… e non solo.
D: Oggi infatti parleremo di orazioni funebri!
E: Stai scherzando? Perchè ci troviamo qui, almeno con l’immaginazione, di fronte al corpo di Cesare con Bruto e Antonio? Cosa vogliamo raccontare ai nostri ascoltatori?
D: Non lo hai ancora capito? Oggi capiremo qual è il modo migliore per impostare un discorso durante una riunione in azienda, a scuola o all’università.
E: Sei sicuro? Non mi sembra che un assassinio con accoltellamento sia la modalità migliore per gestire una riunione…
D: Ma non vogliamo parlare delle Idi di Marzo e dell’omicidio di Cesare: oggi cercheremo di concentrarci su quello che succede dopo, quando nel foro si riunisce una grande folla per ascoltare prima Bruto, artefice dell’omicidio e poi Antonio…
E: Ok, buttiamo via le toghe e mettiamoci giacca e cravatta ed eccoci catapultati in una triste e buia sala riunioni. Meeting aziendale, manager e direttori (di solito uomini) che si alternano di fronte a presentazioni e schermi per celebrare successi e motivare i propri dipendenti a impegnarsi ancora di più per il prossimo anno....
D: Noto una certa vena polemica… Comunque, proprio come recitiamo nel titolo del nostro podcast…. non solo! Siamo dentro agli Studi della Radio dell’Università di Genova quindi ti viene in mente qualche altro incontro?
E: Ce l’ho! Un consiglio di Dipartimento, o di Facoltà… a cui personalmente non ricordo di aver partecipata… Ma in pratica, stiamo pensando a uno di quegli incontri in cui qualcuno presenta un’idea, chiede un budget, deve farsi approvare un progetto…
D: esatto! Tu che sei un’esperta di aziende e progetti … cosa succede di solito in queste riunioni?
E: Ahimè… conosco il genere, e ho anche preparato qualche presentazione per incontri di questo tipo: in pratica di solito ci sono slide con numeri, tabelle, grafici, e poi ancora numeri tabelle e grafici… e poi discussioni, giochi politici e dimostrazioni di potere.
D: Ecco! Vedi che è proprio come essere nel foro romano, e ascoltare Bruto e Antonio mentre si contrappongono per conquistare il popolo… anche se, nel consiglio di amministrazione gli impiegati non ci sono! Ma torniamo agli incipit dei due discorsi…
Bruto dice: “Romani, concittadini, amici! Uditemi parlare per la mia causa. E fate silenzio, per poter udire…”
Mentre Antonio: “Amici, Romani, cittadini, datemi ascolto; io vengo a seppellire Cesare, non a lodarlo”
Noti delle differenze?
E: Sembrano molto simili… specialmente l’attacco: usano addirittura le stesse parole! Romani, cittadini, amici… solo l’ordine è diverso…
D: Ne sei proprio sicura? Non senti le differenze? Il discorso di Bruto è un inno alla razionalità, fin dalla prima riga! Antonio invece si concentra sulle emozioni, non appena menziona il defunto e caro Cesare…
E: ok, ma non vorrai mica venirmi a dire che anche in una riunione si debba esser sdolcinati, commuoversi e tirare fuori i fazzoletti?
D: La commozione è sicuramente un metodo interessante, ma non ci siamo ancora arrivati!
E: Scusa Dario, ma su questo non sono d’accordo. Non si parla d’altro che di Intelligenza Artificiale, le decisioni sono sempre Data-Driven, i processi automatizzati: questa storia delle emozioni, non mi convince proprio!
D: Forse perché non hai pensato bene a come ti senti durante una di quelle riunioni… pensaci un attimo, e pensa bene cosa fa la maggior parte della gente…
E: credo di iniziare a capire… chi non dorme, sbadiglia. E chi non dorme
D: Non piglia pesci?
E: Lasciami finire! QUei pochi che non si appisolano, di solito hanno il pc aperto e si fanno i fatti loro.
D: è proprio così! Per la mia esperienza in azienda, e durante questo tipo di riunioni, si sottovaluta troppo l’importanza della parte emozionale dei discorsi.
E: Dario, torniamo a a Bruto e Antonio, perché queste parole di Shakespeare, le vogliamo proprio sentire e sorpattutto dobbiamo vedere come si comportano entrambi e che cosa ne ottengono alla fine della scena.
D: Partiamo con Bruto: la sua orazione è uno splendido esempio di argomentazione razionale e si basa sull’implicazione logica “se… allora”.
E: E allora?
D: Fammi continuare! Fin dall’apertura Bruto da una parte fa leva sulla logica (“Parlare per la mia causa”, “fate silenzio per poter udire”, chiede di essere giudicato dall’intelletto del popolo: “giudicatemi nella vostra saggezza (…) destate il vostro buon senso”).
E: Ma mi sembra di aver capito che il buon senso e la logica non bastino.
D: Esatto! Bruto invita i Romani a credergli sul suo onore. Li invita cioè a riconoscere il suo ethos, la sua integerrima reputazione.
E: Be’ la reputazione nelle riunioni aziendali è fondamentale: quando parla l’amministratore delegato o un altro direttore, parte subito in chi ascolta un meccanismo di reverenza e fiducia o di insofferenza all’autorevolezza di chi parla! Se arriva l’ultimo degli arrivati, dovrà fare ben più fatica a conquistare l’attenzione degli altri.
D: Ma pensi che basti la reputazione?
E: Se me lo chiedi, evidentemente, hai qualcos’altro in mente!
D: Vedo che mi stai seguendo! Brava… L’ethos funziona bene secondo un principio di uguaglianza non di diversità. La personalità di Bruto è troppo diversa da quella dei suoi ascoltatori: lui è nobile, un uomo d’onore, la plebe che gli sta davanti, no.
E: Dovrebbe essere il principio per cui scatta l’empatia! Se non ti riesci a mettere nei panni dell’altro, lo perdi, si annoia e non ti ascolta più!
D: è proprio l’errore di Bruto: un oratore può essere convincente, facendo appello al suo ethos, solo se il pubblico lo sente davvero uguale a se stesso, se ha gli stessi valori, la stessa cultura, gli stessi gusti, lo stesso linguaggio, le stesse modalità espressive etc.
Invece Bruto qui si pone su un gradino ancora più elevato rispetto al popolo. E così si allontana ancora di più da chi lo ascolta.
E: Dario, forse dobbiamo ricordare che Bruto qui sta cercando di convincere il popolo Romano a vederlo come un eroe e non come qualcuno che ha pugnalato il suo patrigno insieme ad altri 20 uomini. 20 contro 1! Non mi sembra una missione facile in partenza…
D: Hai ragione! Bruto ha proprio un compito arduo, e sceglie la strategia della logica assoluta. Vuole convincerli dell’assoluta giustezza del suo ragionamento e prosegue, sempre con l’uso dell’inferenza “se… allora” che diventa il perno su cui ruota tutta l’arringa difensiva del suo attentato.
E: Riesci a fare un esempio di questi “se… allora”?
D: “Se in questa assemblea vi è un qualche amico ardente di Cesare, io gli dico che l’amore di Bruto per Cesare non era minore del suo. E se allora quell’amico mi chiede perché mai Bruto si sia levato contro Cesare, ecco la mia risposta: io non amavo Cesare meno di quello che l’amasse lui, ma amavo Roma di più.”
E: Mi sembra che qui Bruto esageri un po’... cerca di valutare l’amore per Cesare in confronto a quello per Roma.
D: Temo che se lo chiedessimo ad alcuni tifosi oggi, ci sarebbe un bel duello: ami di più tuo padre o la squadra del cuore!
E: Dario! Non parliamo della Roma! Ma della città intesa come amore per la patria!
D: ok ok! La smetto, palla al centro… cioè torniamo a Shakespeare:
D: “Vorreste dunque che Cesare fosse vivo, e voi morir tutti schiavi, piuttosto che Cesare sia morto, e voi possiate vivere da uomini liberi? In quanto Cesare mi amava, io lo piango; in quanto era fortunato, io me ne rallegro; in quanto era valoroso, io lo onoro; ma poiché era ambizioso, io l’ho ucciso. Ecco lacrime per il suo amore; gioia per la sua fortuna; onore per il suo valore, e morte per la sua ambizione.
E: Caspita, è prorio tutto un “se… allora”... tutto razionalità, solo ragionamento.
D: Sì, ma l’errore di strategia comunicativa di Bruto è sperare che il popolo lo segua e giudichi secondo un principio razionale. L’errore è parlare solo alla testa, non al cuore. Certo il suo discorso è molto ricco di immagini, le sue parole “amore, schiavi, liberi, piango, fortuna etc” sono molto evocative, ma la linea persuasiva del discorso è solo deduttiva, sempre vincolata alla legge di causa/effetto.
E: Direi che conferma quello che dicevamo prima: Bruto costruisce tutto il suo discorso sul principio della logica e della razionalità.
D: E continua:
“Chi fra di voi è così vile che vorrebbe essere schiavo? Se ve n’ è alcuno, parli: perché lui io ho offeso. Chi fra voi è così vile che non ami la sua patria? Se ve n’ è alcuno, parli, perché lui io ho offeso. Taccio, in attesa di risposta.”
D: Questo è il culmine dell’orazione di Bruto. E con una domanda così, chi è che può avere il coraggio di rispondere?
E: Nessuno! Se torniamo alla nostra riunione aziendale, dopo aver sciorinato numeri, tabelle, dati di bilancio e previsioni per il prossimo quarter, mi sembra di vederlo, il chief executive officer si ferma, si volta verso gli altri e verifica: “ci sono domande?”... e nel silenzio della stanza, qualcuno si risveglia dopo essersi addormentato…
D: Nel foro romano però non c’è silenzio: tutto il popolo urla “Nessuno, Bruto. Nessuno!”. Questa domanda al popolo da un punto di vista retorico è molto efficace. Bruto si rivolge e ai suoi presunti accusatori e reclama il verdetto. Non c’è spazio per i dubbi, se si segue la legge della ragione che lui ha presentato nel suo discorso, la linea deduttiva è limpida. La domanda di Bruto è proprio come un’interrogazione a scuola: vuole aver ragione, vuole LA Ragione.
E: E chi è che vorrebbe essere schiavo? La folla non può che scaldarsi con una domanda così! Ma poi come va avanti?
D: “Allora non ho offeso nessuno. Non ho fatto a Cesare più di quello che voi farete a Bruto. La questione della sua morte è registrata in Campidoglio; la sua gloria non è sminuita laddove ne fu degno; né aggravate le sue offese, per cui meritò la morte. Ecco giunge il suo cadavere, pianto da Marco Antonio: ed egli, sebbene non abbia partecipato alla sua morte, ne trarrà tuttavia beneficio, poiché avrà un posto nella repubblica. E chi di voi non lo avrà? Vi lascio con queste parole: che, come ho ucciso il mio più caro amico per il bene di Roma, così ho pronta per me la stessa spada, quando la patria vorrà la mia morte.”
E: Dario, questo finale è di grande effetto. Ma… per sembra un po’ alla tarantino: spade, morti uccisioni…
D: Senza scomodare Pulp Fiction, sicuramente gli antichi romani erano molto più abituati di noi alla violenza…
E: Ok ok, ma non parliamo di altri squartamenti che in una riunione ci auguriamo non ce ne siano molti… Però ho notato un’altro errore nella conclusione di Bruto!
D: Oggi mi sembri agguerrita! Cosa hai sentito che non ti torna?
E: Ecco, dopo aver menzionato Marco Antonio, Bruto accenna ancora a un vantaggio per il popolo, ma quale è questo vantaggio? Sembra una promessa elettorale…
D: Hai proprio ragione: Bruto fa riferimento a un futuro beneficio per il popolo ma, come hai osservato tu, resta troppo vago, generico. Non fa, e non può far presa.
E come dicevi tu prima, termina il suo discorso in modo troppo negativo, con la morte: “quando la patria vorrà la mia morte”.
E: Ecco, direi che per ora, un collega che concluda augurandosi la morte, non mi è ancora capitato!
D: Ma per Bruto non c’era altra logica possibile! Anche il finale è un sillogismo: quando il popolo vorrà la sua morte Bruto non avrà esitazioni. Direi che nelle veementi parole di Bruto, non c’è nemmeno un briciolo di speranza.
E: E cominciare a parlare dopo una conclusione del genere dev’essere tutt’altro che facile. Nonostante alcuni scivoloni comunicativi, i Romani sono rimasti in silenzio ad ascoltare e tutti ora acclamano Bruto. Bru-to Bru-to Bru-to!
D: Se la smetti con il tifo da stadio… ti spiego che qui c’è un trucco scenico, è proprio Bruto che introduce l’arrivo di Marco Antonio. Il genio di Shakespeare si vede anche in questo passaggio, dove l’azione scorre dall’uno all’altro oratore, come se sul palco le luci illuminassero prima Bruto e poi Antonio.
E: Oh sì! Antonio è il mio preferito! Forse perché mi viene in mente la bellissima interpretazione di Marlon Brando… Probabilmente è proprio Antonio il vero protagonista della tragedia su Giulio Cesare.
D: L’altra volta hai tirato fuori Gasman, oggi Marlon Brando… ma un attore del nostro secolo non ti viene in mente?
E: Non ti lamentare! Mi sembra che io ti stia mettendo in ottima compagnia!
D: Ecco, invece di adularmi ti faccio notare un’ultima cosa: il Giulio Cesare è una delle poche opere in cui il protagonista, che dà anche il titolo al dramma, muore quasi subito, nella prima metà dello spettacolo!
E: Con questa osservazione, Fermiammoci un attimo… prima di passare all’analisi dell’orazione di Antonio, conviene fare un breve riassunto.
D: Quali elementi del discorso di Bruto ci possono aiutare a costruire una comunicazione efficace da utilizzare quando parliamo a un gruppo di persone o in una riunione?
E: In questo episodio ci siamo concentrati sulla razionalità di Bruto, ma nella seconda parte potremo approfondire l’uso delle emozioni che farà Antonio.
D: Dobbiamo proprio concludere, stanno per staccarci i microfoni: quali tecniche comunicative e oratorie ci suggerisce Shakespeare con le parole di Bruto?
E: Quanta Razionalità? Quanta emozione?
D: L’emozione ha un effetto maggiore, più immediato, ma svanisce col tempo. L’argomentazione razionale riesce a impressionare meno, ma resta più a lungo. Occorre quindi calibrare e mixare bene i due tipi di leve argomentative.
E: L’argomentazione razionale.
D: Si basa sulla logica, generalmente il principio di causa/effetto, strutturato nella forma “se… allora”; sul sillogismo o sull’entimema: un sillogismo abbreviato.
E: L’argomento dell’ethos.
D: Fa appello alla personalità di chi parla: tanto più l’oratore è percepito simile dall’interlocutore, tanto più il suo discorso è efficace. Occorrono però: condivisione di valori, di linguaggio, di esperienze, di visione del mondo.
E: Feedback.
D: Controllare sempre l’effetto delle parole sugli interlocutori. È sempre bene cercare uno sguardo in chi ci ascolta per verificare se il pubblico ci sta seguendo o no…
E: Le domande.
D: Anche se solo retoriche (non ci si aspetta una risposta) servono per coinvolgere il pubblico, per chiamarlo in causa direttamente.
E: Quali sono i due errori commessi da Bruto?
D: Quando Bruto descrive il vantaggio futuro resta troppo vago: se ci sono dei vantaggi, bisogna elencarli in maniera dettagliata. Gli svantaggi (per gli interlocutori) invece conviene riunirli il più possibile in pochi elementi.
Infine la conclusione di Bruto è troppo negativa. La chiusura è fondamentale: bisogna valutare con attenzione non solo l’argomento finale ma le stesse parole usate. In genere meglio chiudere con parole positive e con argomenti centrati sul futuro.
E: Grazie per aver ascoltato questo episodio di Parola di Shakespeare su Radio Unige. Se avete domande o curiosità potete scriverci a
[email protected]
E: Quale sarà la risposta di Antonio?
D: Lo vedremo nella seconda parte di questo episodio, chi vincerà? La logica o la passione?