Come coinvolgere: il fascino dell’eloquio di Mercuzio e Jaques.

Episode 2 July 29, 2024 00:26:39
Come coinvolgere: il fascino dell’eloquio di Mercuzio e Jaques.
Parola di Shakespeare
Come coinvolgere: il fascino dell’eloquio di Mercuzio e Jaques.

Jul 29 2024 | 00:26:39

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Show Notes

«Basta, basta Mercuzio, tu parli di nulla!»

Anche se a volte Shakespeare sembra parlare di niente, riesce sempre a emozionarci e coinvolgerci. Ma come ci riesce? In questo episodio, impariamo a far ‘suonare le parole’ e a mettere sempre al primo posto l’interesse di chi ci ascolta, per creare veri e propri film nella sua mente e catturarne l’attenzione. 

Produzione Unige Radio.
Le voci e i testi sono di Elisabetta Delponte e Dario Turrini, l’editing audio e il montaggio di Nadia Denurchis.

Grafiche di Sonia Zanat.
Music by Vlad Krotov from Pixabay

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Episode Transcript

“Basta, basta Mercuzio, tu parli di nulla!” ELISAB. Parlare di nulla? Shakespeare parla di nulla? DARIO Eh, sì a volte capita. ELISAB. Ma come, con tutte quelle fitte trame, i personaggi spesso estremamente drammatici, i dialoghi e i monologhi così intensi, tu dici che Shakespeare parla di nulla? Non ti pare di essere un tantino saccente e presuntuoso? DARIO Beh, possiamo dire che gli capita di lasciarsi andare al flusso delle parole, al suono delle parole. ELISAB. Non capisco che vuoi dire, sembra veramente bizzarro. E soprattutto, questo podcast è Parola di Shakespeare… dobbiamo cambiare il titolo in Parole di nulla? DARIO Certo che no! Questo è Parola di Shakespeare: comunicazione efficace per il mondo del lavoro, io sono Dario TUrrini… ELISAB. E io Elisabetta Delponte, e partendo dai testi del drammaturgo inglese, vogliamo scoprire insieme il potere delle parole e delle strategie di persuasione. DARIO E a proposito di strategie… la battuta di Romeo che abbiamo sentito all’inizio giunge proprio come risposta al lungo monologo senza senso di Mercuzio. Quello famosissimo della regina Mab, lo conoscerai, no? ELISAB. Fammi pensare… Non me lo ricordo proprio benissimo… Credo sia meglio che tu ci spieghi bene tutta questa storia: perché mai Shakespeare parla di nulla? a che gli serviva a teatro? e soprattutto perché mai ai nostri ascoltatori e a noi, manager, comunicatori, studenti in cerca di occupazione… tutti più o meno rampanti e connessi in questo XXI secolo, dovrebbe interessare questa particolarità shakespeariana? DARIO Bene, allora cominciamo dall’inizio. Nella prima puntata abbiamo visto come era strutturato il teatro elisabettiano… ELISAB. (Puntualizzando) Il teatro di Shakespeare, che si chiama Elisabettiano perché fiorì durante il regno della regina Elisabetta I… che bel nome eh? DARIO Bellissimo, guarda caso è proprio il tuo. E hai anche ascendenze regali? ELISAB. Sciocco. Noi genovesi siamo da sempre ferventi repubblicani; ma tu non pretendere che tutti i nostri ascoltatori siano esperti di storia del teatro inglese. DARIO Hai ragione. Voglio solo ricordare però che se Shakespeare scriveva in quel modo era perché i suoi attori, come tutti quelli del periodo… ELISAB. Stiamo parlando della fine del ‘500 e l’inizio del XVII secolo… DARIO Grazie, sei sempre molto… puntuale. ELISAB. Noi genovesi siamo fatti così. DARIO (Piccato) Beh, grazie per dare sempre… le giuste coordinate ai nostri ascoltatori. ELISAB. (Superiore, ma modesta) Di nulla. È il mio lavoro. DARIO Bene allora sostanzialmente l’altra volta abbiamo detto che Shakespeare scrive così perché i teatri del periodo erano costruiti in quel modo particolare che abbiamo già visto. Teatri all’aperto dove stavano addirittura 3000 persone, in ogni stagione dell’anno, e che soprattutto non avevano la possibilità di alcuna scenografia. ELISAB. Certo, ci hai detto che tutto lo spettacolo era nelle mani, cioè, nella voce, nei gesti e nei movimenti degli attori. E che, ad esempio, gli spettatori potevano capire i luoghi di ambientazione delle scene solo per quello che dicevano gli attori stessi. DARIO Esatto. Ma ora andiamo un po’ oltre. Sarebbe infatti ben triste se la grandezza di Shakespeare fosse dovuta solo alla sua capacità di descrittore di scenografie. ELISAB. E io voglio proprio vedere come farai a convincermi che la sua grandezza era quella di parlare di nulla. DARIO D’accordo. Allora ricordi come abbiamo anche detto che una grande capacità di fascinazione del pubblico risiede nella sua bravura di narratore. Spesso Shakespeare racconta vicende precedenti il momento della storia vissuto dai personaggi o situazioni che si sono svolte altrove e che qualche personaggio racconta agli altri, aggiornandoli. ELISAB. Ricordo bene Amleto e anche il racconto di Oberon a Puck nel Sogno di una notte di mezz’estate. DARIO Benissimo. Piccole storie che, grazie all’abilità affabulatoria degli attori, riuscivano a catturare l’attenzione del pubblico. ELISAB. E che ci possono essere di indicazione per come anche un manager o un professionista di oggi possa costruire narrazioni interessanti. DARIO Giusto, ma Mercuzio e la sua regina Mab vanno molto oltre. ELISAB. Perché non ci chiarisci subito questa storia della regina Mab? Chi è? DARIO Perché prima di parlarvi della regina Mab devo parlarvi di Jacques… ELISAB. Jaques? E chi è questo Jacques? E da dove salta fuori? DARIO Jacques è un indispensabile passaggio preliminare. ELISAB. Ok, avanti racconta. Poi se non ti fai capire dai nostri ascoltatori ci penso io a correggerti. DARIO Sì, so bene quanto questo ruolo ti diverte, eh? ELISAB. Ho altri modi di divertirmi… tu inizia, abbiamo già perso troppo tempo. DARIO D’accordo, basta che non ti arrabbi… Allora Jacques è un personaggio di un’altra commedia di Shakespeare: Come vi piace. ELISAB. E ora ci racconti la trama? DARIO No. Spesso le commedie di Shakespeare hanno delle trame complicatissime e… ELISAB. Sì lo so, se non ricordo male nel Sogno di una notte di mezz’estate se ne intrecciano ben quattro. DARIO Ecco e in questo caso non è necessario conoscere tutta l’intricata trama di Come vi piace. Basti dire che Jacques, in questa storia di aristocratici e nobildonne esiliati in fuga nel bosco, è solo un accompagnatore del Duca uno dei protagonisti della storia. Ed è una sorta di stravagante filosofo. ELISAB. (Annoiata) Non vedo l’ora di conoscere la sua filosofia… DARIO Tranquilla non ve la racconterò tutta, solo un abbastanza breve monologo: le “sette età dell’uomo”. Che è anche ben conosciuto, no? ELISAB. Fai finta che lo conosca e vai avanti. Ce lo fai ascoltare? DARIO Mi sembra una buona idea. ELISAB. Ok allora, se hai detto che non serve alcuna contestualizzazione, comincia pure. MONOLOGO DI JAQUES Tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne son soltanto degli attori che hanno le loro entrate e le loro uscite. Ed ognuno nel tempo che gli è dato recita molte parti, e gli atti sono costituiti dalle sue sette età. Dapprima l’infante che miaula e vomita in braccio alla nutrice; poi lo scolaretto piagnucoloso che con la faccia lustra e mattiniera si trascina di malavoglia a scuola. E poi l’innamorato che sospira cantando una malinconica ballata sulle sopracciglia della sua amante. E poi un soldato pieno di bestemmie, geloso del suo onore e pronto a toccar la bubbola della reputazione fin nella bocca di una bombarda. E poi il magistrato con la sua bella pancia rotonda lardellata di buoni capponi, sempre pieno di massime assennate e di luoghi comuni recita anch’egli la sua parte. La sesta età trova il magro Pantalone in pantofole, gli occhiali sul naso e una borsa al fianco; i suoi calzoni sono ormai troppo larghi per le sue gambe ridotte all’osso; e la sua voce virile fischia e stride come uno zufolo. L’ultima scena di questa strana storia consiste in una seconda infanzia e in un puro oblio: senza denti, senza occhi, senza gusto, senza nulla. ELISAB. Mamma mia! Sono senza parole! Io senza, ma Shakespeare ne ha decisamente per entrambi! Questo era il monologo di Jacques, da Se vi piace, di cui consiglio ai nostri ascoltatori la versione recitata da Vittorio Gassman… DARIO Beh, grazie. Vuoi dire che non sono stato abbastanza bravo? ELISAB. No, certo, ma paragonarti a Gassman, mi sembra un po’ troppo! Ma torniamo a Shakespeare! Quante caratterizzazioni. Quante immagini e che flusso ininterrotto di personaggi! Non riuscivo a staccare l’attenzione! DARIO Certo Gassman, sarebbe stato meglio… ELISAB. Oh che permalosità! DARIO Ora ti richiamo io al senso di questo podcast. Quello che ho cercato di mettere in evidenza è la capacità di coinvolgimento, di fascinazione degli ascoltatori data dall’uso sapiente delle parole. Anzi, come dicevo all’inizio, dai suoni delle parole. ELISAB. Dai suoni delle parole? Che diavolo vuol dire? E comunque secondo te un professore che vuol tenere l’attenzione in classe, un manager impegnato in un discorso davanti al consiglio di amministrazione della sua azienda possono forse mettersi a fare le vocine o a parlare in siciliano?… pseudo siciliano. Non siamo mica Montalbano o Camilleri: loro sì che lo parlano il siciliano. DARIO Ovvio, sono siciliani. E comunque quello che il brano di Jacques ci suggerisce è proprio questo. Sai bene che noi umani utilizziamo due livelli di comunicazione… ELISAB. …quella verbale e quella non verbale. Lo so bene. Ce lo ripetono ad ogni corso sulla comunicazione che ci fanno fare in azienda. DARIO Brava. Non sto quindi a chiederti il peso relativo dei due livelli… ELISAB. (Ripete la lezione a memoria) La comunicazione verbale, cioè le parole e le frasi che usiamo, pesa per il 7 % e la comunicazione non verbale, gesti, espressioni, sguardi, posture ecc il 93 %; di cui solo il tono della voce pesa per il 38 %. Per lo meno per Watzlavick et. al. 1968. DARIO Ma sei una vera esperta. ELISAB. Ti risparmio le volte che me lo sono sentito raccontare. DARIO Allora il nostro Jaques ci pone davanti proprio il problema della comunicazione non verbale. In particolare la comunicazione paraverbale… ELISAB. Il tono della voce… (Tono di rimprovero) se tu parlassi un po’ più terra terra. E cosa ci dice della comunicazione paraverb… del tono della voce? DARIO Come usarla per essere efficaci. ELISAB. E come usarla? Dai, non farti appunto cavare le parole di bocca. DARIO Innanzitutto bisogna fare un’importantissima considerazione preliminare, che ritroveremo poi anche nei discorsi futuri. ELISAB. E sarebbe? DARIO Che quando parliamo, per le cose che diciamo e per come le diciamo, creiamo dei veri e propri film nella testa dei nostri ascoltatori. ELISAB. Dei… film? DARIO Esattamente: le parole che usiamo e il modo in cui le pronunciamo hanno questo effetto. Ed è ineludibile. Accade sempre. La sola scelta che abbiamo è: che genere di film vogliamo che i nostri interlocutori vedano nella loro mente. ELISAB. (Ironica) E puoi farci un esempio, magari aziendale, così che anche noi poveri profani possiamo capire? DARIO Certo. Pensa a una delle frasi che sentiamo spesso dire da commessi e addetti vendita: “Ci chiami così le dico se è arrivato e lei non viene qui per niente”. ELISAB. In effetti è una frase che si sente spesso. DARIO Bene. E che film ti sta proiettando? Quello in cui tu vai là, non trovi quello che cerchi e ti sei fatta il viaggio fino al negozio inutilmente, giusto? ELISAB. In effetti è vero. Ma allora come si potrebbe dire? DARIO Digli quello che vuoi che il cliente veda nella testa: “può chiamarci prima di venire? così quando arriva trova subito quello che sta cercando perché glielo metto via personalmente”. ELISAB. Eh, sì… è proprio tutto un altro film. E poi? DARIO E poi c’è Jacques. ELISAB. Cioè? DARIO Se vogliamo continuare a usare la metafora filmica potremmo dire che i nostri film possono essere vecchie proiezioni in bianco e nero, magari sfocate e virate seppia, o fantastici action-movie dai colori straordinari. ELISAB. Wow, e come? DARIO Per come usiamo la voce, per le sfumature di timbro, per come pronunciamo le parole, per come articoliamo e diamo vita a vocali e consonanti. Il brano di Jaques che abbiamo sentito è costruito proprio in questo modo. ELISAB. … DARIO Non dirmi che, per una volta, sono riuscito a lasciarti… appunto, senza parole… ELISAB. (Minacciosa) Stai forse dicendo che sono una chiacchierona? DARIO Assolutamente no, voi genovesi… ELISAB. (Minacciosa) Sìììì? DARIO Siete sempre sobri e misurati. ELISAB. Ah. Ma come si fa a… migliorare i nostri… film? DARIO In primo luogo ovviamente dobbiamo dire le cose “giuste”. E poi appunto viene Jacques. ELISAB. Ancora? Ma sei proprio fissato con quel tipo. DARIO Viene Jacques e la sua ricchezza vocale… ELISAB. Sì, l’abbiamo sentita, ma dicci come possiamo fare per acquisire quella fantasia di eloquio non verbale. DARIO Beh, ovviamente non possiamo fare qui un corso sull’uso della voce, ma alcune indicazioni posso darle. ELISAB. Oh, ecco, avanti… DARIO Per prima cosa voglio suggerire come “pensare” la nostra voce. Che non emana da noi, magari in cerchi concentrici in tutte le direzioni come ci suggerisce la fisica acustica e come ne abbiamo l’impressione, visto che ci sentono anche quelli che ci stanno dietro, di fianco ecc. Ma che dobbiamo appunto pensarla come una freccia che scagliamo per colpire il nostro interlocutore. In altre parole si parla sempre A qualcuno. Altrimenti ci si sbrodola addosso. ELISAB. Cioè la nostra voce deve avere innanzitutto l’intenzione di comunicare e dirigersi verso i nostri interlocutori? DARIO Esatto che è un po’ anche un’intenzione mentale: troppo spesso sento gente che “vuole” dire le loro cose senza curarsi minimamente di chi hanno davanti e cosa possano voler dire per loro. ELISAB. Sì, concordo, soprattutto in azienda, troppa gente si… parla addosso. Ma hai qualche suggerimento pratico per evitarlo. DARIO Beh, se vuoi… io uso una specie di trucchetto… bisogna figurarsi le persone che abbiamo davanti, mentre si parla, come se avessero un fumetto sopra la testa e nel fumetto c’è scritto: “E a me cosa mi frega?” (di quello che stai dicendo). Bene se si può dare una risposta a quella domanda il discorso è efficace, se no una riguardata io gliela darei. ELISAB. Questo per quanto riguarda la famosa parte verbale della comunicazione, il cosa si dice, ma per quanto riguarda il come, cioè proprio la voce, come si può renderla più affascinante? DARIO Per rendere affascinante, ma anche coinvolgente e persuasivo il nostro discorso occorre curare la comunicazione non verbale. Che vuol dire, prendendo spunto dal nostro famigerato Jacques lavorare vocalmente le parole, cioè le sillabe, le vocali e le consonanti. ELISAB. Torno a dire che non ce lo vedo un manager, in riunione, fare il vecchietto o il neonato del monologo delle sette età. DARIO Bene allora te lo faccio sentire. Preferisci ancora Jacques o hai un qualche discorso aziendale da propormi? ELISAB. Intendi un discorso di questo tipo? Buongiorno a tutti, vorrei condividere con voi i risultati del trimestre precedente. Abbiamo raggiunto importanti traguardi, ma c'è ancora margine per crescere. Per il prossimo trimestre, l'obiettivo è superare noi stessi, puntando a un incremento del 20% nelle vendite. Ricordate, la chiave del successo è la focalizzazione sugli obiettivi e il lavoro di squadra. Sono convinto che, con il vostro impegno, possiamo raggiungere questi risultati. Andiamo a conquistare questi nuovi traguardi insieme! DARIO Bene, ecco, fammi provare… MONOLOGO RIVISITATO ELISAB. Devo dire che così in effetti risulta tutto più affascinante. DARIO Grazie, ma l’importante, come spero si sia percepito, è avere questa spiccata attenzione ai costituenti delle parole, cioè i suoni, le vocali e le consonanti. È un po’ come la pittura… ELISAB. Quando riverniciamo la nostra stanza? DARIO Ma no, dicevo è come dipingere un quadro: devi usare molti colori, poi puoi farlo a tempera coi colori accesi come nel primo monologo, oppure dipingerlo ad acquarello, con colori tenui, ma sempre molteplici, come nell’ultimo esempio. ELISAB. Ma potrei chiederti una tecnica, un esercizio per migliorare la nostra articolazione? DARIO Te ne suggerisco due, molto facili: il primo, risaputo, è quello di leggere a voce alta, scandendo bene tutte le sillabe, ma senza fare il robot; il secondo, utile proprio per sviluppare la forza evocativa delle parole, si basa sulle parole onomatopeiche. ELISAB. (Sognante) Le parole onomatopeiche… quali ricordi d’infanzia, delle scuole elementari, mi vengono in mente… cioè le parole come chicchirichì? Tic tac… DARIO Esatto cioè le parole il cui suono ha una sorta di connessione, evocazione, del significato: chicchirichì ha un suono che evoca il significato della parola stessa, il canto del gallo. ELISAB. Ok, ma come si usano per l’allenamento? Mi metto per casa a fare la gallina… come lo giustifico ai miei figli, troppo grandi per non pensare che la mamma non sta giocando, ma forse ha bisogno di supporto psicologico? DARIO L’esercizio è questo: scegliere alcune parole (suggerisco: ruscello, pietra, farfalla ecc.) e pronunciarle onomatopeicamente, così: . . . F A R F A L L A… ELISAB. Tu sei sicuro di questo? Bisogna essere soli in casa… o potrebbe essere giustificato motivo per abbandono del tetto coniugale, divorzio, perdita dell’affidamento dei minori… DARIO E poi pronunciare molte altre parole allo stesso modo esaltandone, sì anche esagerandone, i valori sonori. Trovare gusto e piacere nella pronuncia… ELISAB. Ok, ok è chiaro… ti fermo, perché il tecnico del suono si sta preoccupando. DARIO Va bene, scusa. ELISAB. Torniamo a Shakespeare che so che ha anche una funzione calmante. E riassumo: il nostro Jacques ci ha mostrato come si può usare la voce per affascinare e coinvolgere il nostro pubblico col nostro discorso. E questo anche nei discorsi aziendali. Ma ti ricordo che noi abbiamo iniziato col famoso parlare di nulla e della regina Mab… siamo pronti ora per affrontare anche questo ultimo tema? DARIO Direi di sì, se mi avete seguito. ELISAB. Non è stato sempre facile, ma diciamo di sì, ma tu vai avanti… DARIO Ok, allora la storia di Romeo e Giulietta è ben nota e poi anche in questo caso, per il discorso che faremo, non è fondamentale conoscerla. Diciamo solo che a un certo punto, atto I, scena 4, Mercuzio il più caro amico di Romeo, esordisce con questo lungo monologo sulla regina Mab, la regina dei sogni. ELISAB. So che è da sempre considerato un virtuosismo, un incredibile pezzo di bravura per qualsiasi attore… DARIO Esatto e se posso parlarti della mia esperienza personale… ELISAB. No. (pausa) dai sto scherzando, (Ironica) i nostri ascoltatori muoiono dalla voglia di conoscere le tue esperienze personali… DARIO Beh, insomma io l’avevo sempre considerato, leggendolo, una roba abbastanza sciocca e senza un gran senso, con i folletti, i tarli e le fate ecc. ELISAB. Ti capisco e poi… DARIO Poi invece mi capitò che mi chiesero di recitarlo in non mi ricordo più quale occasione e così dovetti prepararlo e proporlo al pubblico… ELISAB. E… DARIO E improvvisamente ne ho scoperto l’incredibile potenza scenica. È come una magnifica palestra dove l’attore può compiere le più ardite evoluzioni senza… dire nulla. ELISAB. Beh, ora ci hai proprio incuriosito, vero? Va beh, decido io per tutti, dai faccelo sentire. DARIO Ehm… d’accordo… spero vada bene perché è davvero impegnativo e soprattutto sarebbe fondamentale farlo davanti a un pubblico in presenza per valutare i feed back e… ELISAB. Ci sono io, non ti basta? DARIO Tu basti… e avanzi… Va bene, ci provo… MONOLOGO MERCUZIO Oh, allora vuol dire che la regina Mab è venuta a farti visita. È la levatrice delle fate non più grossa di una pietra d’agata, trainata da piccoli atomi s’infila nei nasi degli uomini quando dormono. I raggi delle ruote sono lunghe zampe di ragno, le tirelle ali di cavallette e il manico della frusta è un osso di grillo. Il cocchiere, poi è un moscerino dalla bigia assisa grande neppure la metà di un vermiciattolo… piccolo. Il cocchio è una minuscola noce lavorata dallo scoiattolo ebanista da tempo immemore carrozziere delle fate. E così Mab ogni notte galoppa, galoppa, galoppa attraverso il cervello degli amanti e li fa sognar d’amore, sulle ginocchia dei cortigiani che così sognan subito di elaborati inchini, sulle dita degli avvocati che sognano parcelle e sulle labbra delle belle donne che sognano baci. Talvolta si diverte a fare il solletico al naso di un parroco addormentato che subito sogna di farsi un nuovo benefizio o attorno al collo di un soldato che allora sogna di tagliar gole straniere. È lei la maga che quando le fanciulle giacciono a letto preme loro la pancia e le insegna a portare così che divengano donne di bel portamento. Essa è colei… ROMEO Basta Mercuzio basta! Tu parli di nulla! MERCUZIO E’ vero io parlo di sogni… ELISAB. Basta, basta Dario tu parli di nulla! DARIO Grazie, il monologo viene infatti interrotto, come abbiamo sentito anche all’inizio della puntata, da Romeo con quella battuta... strepitosa. ELISAB. Dunque, vediamo se ho capito: quindi utilizzando quelle tecniche che abbiamo scoperto col famoso Jacques si possono fare discorsi affascinanti anche parlando di nulla. DARIO Esatto. ELISAB. E con quale suggerimento vuoi ora concludere questa puntata? DARIO In conclusione spero che i nostri amici ascoltatori possano riscoprire il valore, la potenza delle parole; che noi usiamo sempre solo per il loro significato, mentre invece se vogliamo far acquistare efficacia al nostro discorso dobbiamo riscoprire e valorizzarne il significante… ELISAB. Ecco dovevi per forza finire con un concetto difficile, eh… DARIO Guarda che hanno capito, non sono mica come te… ELISAB. Certo ci ascoltano tutti collegati dall’aula di semiologia dello spettacolo… DARIO Smettiamola va… Piuttosto diamo appuntamento ai nostri ascoltatori per il prossimo episodio! ELISAB. Hai proprio ragione, Dario, dopo aver parlato di nulla, la prossima volta ci concentreremo su tutto: razionalità ed emozione. DARIO Temo che sarà una puntata impegnativa… ELISABETTA Grazie per aver ascoltato questo episodio di Parola di Shakespeare su Radio Unige. Se avete domande o curiosità potete scriverci a [email protected] ELISAB. Chiudiamo così: senza denti, senza occhi e senza gusto. Senza niente.

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